TERRA DI LAVORO 2017
L'aspettato inaspettato. Che l'annata 2017 fosse per Galardi una delle vendemmie più belle della propria storia l'abbiamo già detto a più riprese. Che lo fosse nella sostanza oltre che all'apparenza l'abbiamo espresso con la nascita di un nuovo vino a distanza di oltre vent'anni dal primo. Che ci aspettassimo dal Terra di Lavoro 2017 grandi cose era certamente una legittima pretesa. La ricchezza e la complessità che abbiamo trovato in questo millesimo 2017 sono, in verità, sorprendenti. Diremmo che il colore è quello classico del Terra di Lavoro: rubino, intenso, impenetrabile. Ed è vero. Ma tralasciare le sfumature presenti di prugna, pompeiano, castagna, cremisi, carminio, porpora, sarebbe travisare la reale complessità e profondità del colore. Certo il naso è al solito intenso, stratificato e persistente. Ma una nota così fresca di un poutpourri floreale di petali rossi di gerani e rose e di più esotici e misteriosi fiori sono senza dubbio una sorpresa. Un secondo affondo del naso ci porta in territori percorsi più volte, più caldi, con arie intrise di note balsamiche di resina vegetale e mentuccia selvatica. Nuvole sparse di sensazioni affumicate speziate da bacche di pepe nero, sono ora all'orizzonte, ora sopra di noi. Non resistiamo oltre e andiamo a tentare l'assaggio di un piccolo sorso. La lingua è asciugata rapidamente da tannini setosi e da una gradevole acidità. Il sorso è caldo, complesso e di lunghissima persistenza. Ritornano al naso le note aromatiche incontrate all'olfatto. Il vino si apre man mano nel bicchiere e sentiamo innesti di gelsomino, e poi sensazioni più scure e riconosciamo frutti di bosco neri, more e mirtilli. Poi ancora più intense, cuoio, polvere di caffè, liquirizia, la rassicurante grafite... Stavamo per tralasciare la sua imperiosa nota vinosa, per farsi bere. Non dimentichiamo che è un Terra di Lavoro!